domenica 27 maggio 2012

A ruota libera

Oggi non ho voglia di scrivere un qualche racconto campato per aria dietro al quale metaforicamente si celi qualcosa di mio, non mi va l'idea del teatrino. Oggi raccontiamo una storia vera.
La mia.
Avete presente quando alla televisione si parla di episodi di violenza domestica, dove sono partiti 4 schiaffi 2 pugni e una bottiglia? E avete presente la reazione generale per la serie "ma dove stiamo andando a finire?"
Beh, io sinceramente quando sento certe cose rido amaramente, e dentro di me ricordo, come ogni giorno, la mia visione di violenza domestica. Ai miei tempi avrei pagato oro perchè il tutto si limitasse a qualche legnata.
Solitamente i bambini sono di pelle chiara con le guance rosse, specie d'inverno. Io ero un livido unico, più violaceo e nero che bianco, in una società che non si preoccupava minimamente della mia esistenza. Andavo a scuola ai tempi, durante le lezioni avevo crisi di pianto, comportamenti aggressivi verso chi mi si avvicinava, sembravo uscito da un qualche film. E nonostante questo la gente non si è mai preoccupata di cercare di darmi una mano. Sono cresciuto disastrosamente, con un padre che mi odiava per i due soldi che richiedeva il mio mantenimento, e che non dimenticava mai di ricordarmi quanto io fossi un errore, e di dimostrarmi che per lui ero solo un sacco da boxe, una madre nevrastenica che condivideva una situazione parallela alla mia, aggravata dalla maggior coscienza della sua età, e dalle maggiori legnate prese, che faceva la spoletta avanti e indietro dall'ospedale nel terrore di tornare a casa e non trovarmi più. E un fratello poco più che neonato, che volendo raccontare ciò che ho visto accadergli verrei fermato prima, esiste un limite anche solo al sentire certe cose. Eppure io le ho vissute, e sono ancora qui. Certo, ho i miei problemi come tutti, ma conduco una vita normale, se non fosse che nessuno saprà mai cosa ho veramente vissuto.
E rido davanti al notiziario tv ricordando quando a 7 anni mia madre meditava il suicidio, mio padre scopava allegramente le sue colleghe di lavoro alla nostra presenza mentre mia madre lavorava pulendo le case di signore anziane per avere due soldi per vivere, visto che lui aveva deciso che non ci avrebbe dato nulla.
E ancora rido amarissimamente ricordando le volte che sono finito in ospedale, le volte che c'è finita mia madre, e la volta in cui mio fratello è quasi morto. Fortunatamente lui non ricorda, ma io questo peso non me lo toglierò mai di dosso. Le minacce che ci faceva quel figlio di puttana, me le ricordo una per una. I suoi pugni, i suoi calci, gli oggetti che volavano nella mia direzione, me li ricordo tutti. Mia madre che cercava di difendermi e finiva in ospedale, me la ricordo. Svegliarsi alla mattina piangendo per il dolore, sempre ammesso che riuscissi a dormire, anche questo me lo ricordo. E sentirsi sempre e comunque solo, in mezzo a gente che ignora il tuo dolore.
La mia fortuna è stata quella di essere cresciuto sulla base di quello che vivevo, e non succube di esso. Sono cresciuto sempre più forte interiormente, e questa cosa mi ha salvato la vita. Mia madre porta ancora gli strascichi di quel passato lontano ma che non possiamo scordare, mio fratello, cresciuto nei postumi di questa follia, ha seri problemi di autostima e si fa mettere i piedi in testa da porci e cani. Cerco di aiutarlo, ma la sua convinzione è più forte anche della prova dei fatti, e non riesco comunque ad avvicinarlo come vorrei, perchè in tutto questo tempo non sono stato per lui un fratello, ma il padre che non abbiamo mai avuto. E come tale non avrò mai accesso a quella parte della sua vita più personale, quella dove le cose potrebbero cambiare.
Ho lottato contro la rabbia che mi portavo dentro per anni, cercando di reprimerla in ogni modo, di sedare quella voglia di vendetta verso il mondo, quel dolore che riaffiorava e mi faceva tremare le mani. Per anni ho dormito poco più di un paio d'ore, la mia mente intrappolata in una serie di pensieri ineluttabili. Ora sono riuscito a fare pace con me stesso, e cerco di dare una mano come posso a chi per un motivo o per un altro, soffre in solitudine.
I miei ricordi non si affievoliranno mai, segni e cicatrici di un passato che è stato la mia rovina ma che mi ha anche dato la possibilità di essere chi sono oggi.
E sto scrivendo così, a ruota libera, più perchè in effetti so che scrivendo tanto posso evitare di portare esempi che in questo momento non voglio scrivere che per altro.
E poi perchè anche volendo, non saprei cosa scrivere. Ho troppe cose da poter raccontare, e ognuna di queste è straziante, al punto di non essere a volte considerata possibile.
Vorrei poter vedere come avreste vissuto con quello che ho passato io. vorrei potervi proiettare in testa ciò che ho vissuto, ma sono convinto che in pochi saprebbero reggere un peso simile.
E poi ti ritrovi davanti a qualcuno che conosci, disperato perchè il padre non lo/a lascia uscire fino a tardi il sabato sera (coprifuoco all'1 anzichè alle 4) e che ti viene a dire "mio padre è una bestia". E tu taci, che vorresti vomitargli/le contro tutto quello che stai pensando in quel momento, tanto non capirebbe.
E' proprio vero, la sofferenza ti apre gli occhi, ti fa vedere il mondo sotto un'altra luce.
Ora smetto di scrivere, mio fratello ha un crampo e devo dargli un occhio.
Speriamo che mia madre non si schianti tornando indietro dopo quasi 20 ore di lavoro, speriamo come sempre.

domenica 13 maggio 2012

Lonely Day

giorno 17

HO PERSO OGNI APPIGLIO

Stamattina abbiamo spartito le ultime provviste, un pezzo di pane e una barretta di cioccolato a testa.
Siamo rimasti solo in tre.
Paolo, l'unico vero amico rimastomi, non si è svegliato, non si sveglierà più. Lucia è impazzita, ha iniziato ad urlare ed è corsa via.
Lui era la sua ultima ragione di vita, l'ultima persona a cui veramente tenesse. Ed è morto stanotte.
Abbiamo passato la mattina a cercarla, e l'abbiamo trovata dopo qualche ora, a testa in giù nel fiume.

Abbiamo provato a rianimarla, ma era tardi, troppo tardi.
Oggi ho pianto, non credevo che ci sarei più riuscito. E invece...
Pur di sopravvivere ci siamo spartiti i loro vestiti, almeno possiamo scaldarci un poco in più.
I soccorsi arriveranno, ci diciamo l'un l'altro. Ma sappiamo tutti benissimo che nessuno più ci verrà a cercare.
"La guerra è finita, festeggiamo tutti!", "siamo liberi finalmente!"... 
Ma la resa nemica non era arrivata alle orecchie dei nostri "salvatori", e così hanno bombardato tutto. 
Siamo in mezzo al niente... e di questo niente diventeremo parte, a quanto pare.
Abbiamo seppellito i corpi nel pomeriggio, fra le lacrime. Sarebbe stato meglio morire bombardati che vivere questo incubo.
Con loro due di noi sopravvissuti sono morte 5 persone. Stiamo vacillando, manca la forza di arrivare alla sera...
Non dureremo ancora molto.
Ci sosteniamo a vicenda, per quanto possibile, ma nessuno di noi sa fare miracoli.
Speriamo di trovare un rifugio isolato per la notte, fa un freddo cane e tutto ciò che abbiamo per coprirci sono le t-shirt e i pantaloni che abbiamo tolto ai cadaveri...


Siamo in una piccola grotta, abbiamo anche 3 pezzi di legna non bruciata dalle esplosioni. Meraviglioso, stanotte si dorme al caldo!
Ho ancora voglia di vivere, ancora ci credo, ancora spero




giorno 18

Francesco sta male. Lo abbiamo trovato che mangiava terra, in una nevrastenia che non si può definire umana.
Nella mattinata gli è salita la febbre, ha iniziato a vomitare e delirare.
Io e Mattia siamo andati a prendere dell'acqua per cercare di tenere bassa la temperatura. Non vogliamo che muoia. L'idea che anche lui ci lasci ci atterrisce più della morte stessa...
Oggi non possiamo spostarci, Francesco sta troppo male, non si regge in piedi, e trasportarlo in braccio è un suicidio, stiamo a malapena in piedi da soli.
Ho paura, ho paura di rimanere solo in questo posto.


Francesco nel delirio ha iniziato a cantare Lonely Day. Nulla di più azzeccato. Ascoltiamo in silenzio, sta peggiorando e molto probabilmente domani saremo in due.
Ho ancora voglia di vivere, ancora ci credo, ancora spero. Questa chiusura inizia a perdere di senso.



giorno 19

Sto perdendo il controllo. Anche Francesco è morto. Non abbiamo più cibo. Vaghiamo senza sapere dove stiamo andando, ma l'impressione è che l'intero paese sia stato raso al suolo. 
Mattia ride guardando il vuoto. Gli ho chiesto cosa stesse pensando.
Mi ha risposto "Ora so. Solo ora riesco a comprendere. E' strano come noi temiamo la morte, finchè non capiamo che è l'unica opzione"




Non abbiamo più parlato, mi sono incamminato sperando di poter vedere dall'alto la situazione. mi sarò assentato per un paio d'ore, non di più. Al mio ritorno Mattia non c'era più.
Ora sono davvero solo. Anzi no. La follia prima o poi verrà a tenermi compagnia.
Sono terrorizzato, ma non ho la forza di uccidermi. Se deve succedere, spero che accada nel sonno.



giorno 22

Forse ricominciare a scrivere mi terrà coi piedi a terra. Negli ultimi 2 giorni ho camminato in cerca di qualsiasi cosa. O forse solo di una ragione per andare avanti. Però ora qualcosa è cambiato... In lontananza, posto in alto, mi sembra di intravedere qualcosa che possa assomigliare ad un edificio ancora in piedi. Ora è tardi, ma domani andrò a dare un'occhiata.
Non riesco a dormire, continuo a rivedere scorrere le immagini  di tutti coloro a cui tenevo. Sono tutti morti. "passati a miglior vita" si dice. Però io non credo in Dio, cosa c'è dopo la morte per quelli come me? Niente? Sono destinato a sparire nel nulla? Piango come un bambino da solo nella culla. Mai sono stato così vicino a cedere. Ma voglio arrivare a domani. Voglio vedere cos'è quella figura in lontananza. Voglio vivere, se ancora ne sono capace.



giorno 23

Se qualcuno leggerà mai questo diario, questo giorno è l'epilogo del mio vagare. Sono arrivato a quella macchia che in lontananza mi aveva dato speranza. E' una chiesa. Ironico, erano anni che non entravo più in una chiesa... Qui è tutto in disuso da tempo immemore ormai, probabilmente più che una chiesa è un piccolo santuario nel quale nessuno metteva più piede da decenni.
Non c'è nulla che si possa definire commestibile, ma c'è un campanile. La struttura interna è in legno, ma se riesco a salire magari scopro qualcosa di utile.
Sono arrivato in cima, il legno scricchiola in brutto modo, ma sono arrivato.
Sto scrutando i dintorni, quando ad un tratto sento le pale di un elicottero.
Da lontano lo intravedo, all'orizzonte. Non riesco a contenere la mia gioia, salto per rendermi più visibile ma il pavimento crolla sotto le mie gambe e pianerottolo dopo pianerottolo il legno marcio si spacca e precipito a terra all'interno della chiesa. Mi sono rotto entrambe le gambe, non riesco a muovermi e ho un pezzo di legno conficcato nel petto. Fatico a respirare, fra poco sarà tutto finito...
L'elicottero se n'è andato, e a breve anche io.
Mattia aveva ragione. Non ho più paura. Inizio a cantare Lonely Day, e attendo la mia fine...
Nessuno saprà mai di noi. Torniamo alla terra, a ospitare le larve di qualche insetto, ad essere cibo per la natura. 
Sto arrivando, aspettami.





-Così termina la vita. Cosa c'è dopo la morte? Ognuno ha la sua idea. Ognuno farà fare a questi ragazzi la fine che più lo/a appaga, e darà loro le origini più disparate. Ma il succo non cambia: siamo in grado di controbilanciare la grandiosità di alcune nostre azioni con l'orrore di molte altre. Anche nel privato. Non serve la guerra fra paesi, bastano due persone.
Con una mano ergiamo, con l'altra distruggiamo indipendentemente da chi ci troviamo davanti. Siamo delle creature meravigliosamente mostruose.-